Interoperabilità nei sistemi IoT per Smart Building e Digital Energy
La maggioranza delle soluzioni Smart Home in Italia riguarda la sicurezza e la gestione energetica. I possibili impieghi sono molti e variegati, ma la maggioranza delle oltre 290 soluzioni per la casa connessa censite in Italia e all’estero (il 31%) è dedicata alla sicurezza (videocamere di sorveglianza, serrature, videocitofoni connessi e sensori di movimento) come riportano i dati dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.
Un altro campo applicativo di rilievo è la gestione energetica, come soluzioni per il controllo remoto degli elettrodomestici (10%) e la gestione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento (8%) e il monitoraggio dei consumi dei dispositivi elettrici (10%). Proprio grazie ai nuovi contatori elettrici di seconda generazione (“ con protocollo di comunicazione chiamato “chain2”) gli erogatori di servizi potranno acquisire un ruolo sempre più importante all’interno della Smart Home, ed avranno anche l’arduo compito di gestire i dati sui consumi energetici raccolti all’interno delle abitazioni in tempo reale nel rispetto della normativa.
L’ interoperabilità tra piattaforme e dispositivi è quello che farà la differenza in un sistema di Smart Building e Smart Home Digital Energy, e che potrebbe favorire la crescita dell’ IoT. Ma cosa si intende per interoperabilità e che differenza c’è tra i protocolli di comunicazione aperti e quelli chiusi?
Sistemi e protocolli di comunicazione chiusi e aperti
Per molti anni i sistemi “domotici” sono stati caratterizzati da tecnologie chiuse, legate a protocolli di comunicazione chiusi (definiti anche “proprietari” poiché sviluppati da un determinato produttore) caratterizzate da una certa limitazione di utilizzo: questo approccio consente ai dispositivi di comunicare solo con dispositivi della stessa marca e non di interagire con dispositivi di altri produttori. Questo significa che il cliente è costretto ad acquistare una marca specifica e non ha possibilità di customizzare il proprio sistema “domotico”. La mancanza di comunicazione tra i vari dispositivi e piattaforme è un vero e proprio ostacolo per l’ IoT.
Quando dispositivi e sistemi di marchi differenti comunicano con lo stesso standard, ovvero con lo stesso protocollo di comunicazione, è possibile una altissima personalizzazione dell’impianto in cui il progettista può scegliere la componentistica di diversi marchi senza problemi di comunicazione, senza dover rifare parti di impianti o acquistare gateway specifici. Sicuramente i protocolli di comunicazione aperti sono più versatili e rappresentano una scelta più etica.
Protocolli di comunicazione Wired e Wireless
La modalità ad oggi ancora più utilizzata per trasmettere pacchetti di dati è quella via cavo (wired) in cui la comunicazione avviene tramite un cablaggio. Questo sistema è molto affidabile e stabile, ma più oneroso. Un esempio di questa tecnologia è la rete Ethernet, costruita a partire da una serie di cavi con all’estremità un doppino telefonico all’interno di una rete locale LAN.
La modalità senza cablaggio (wireless), tuttavia, vede utilizzi in continua crescita, è sempre più utilizzata e consente un miglior intervento su sistemi precostituiti la cui modifica richiederebbe tempi e costi maggiori (cosiddetto “retrofit”). Alcuni esempi di protocolli di comunicazione wireless più utilizzati sono WiFi (che, pur non essendo certo nato per la Building automation, sta acquisendo progressivamente quote di mercato specifiche), ZIgBee, Z Wave, Bluetooth low energy, ed EnOcean che nascono wireless e non funzionano wired (in ambito Outdoor/WAN, rilevante crescita è prevista per LoraWan e NBIoT).
Il ruolo dei gateway nei sistemi IoT
I gateway agiscono come dei veri e propri traduttori che non solo devono fornire una traduzione tra i diversi linguaggi (protocolli di comunicazione) delle sotto-reti, ma che devono anche conciliare le differenze tra i paradigmi di comunicazione su cui si basano i due sistemi. L’implementazione di questo tipo di gateway, non può prescindere da una conoscenza approfondita di sistemi da collegare. Da rilevare che, comunque, la quantità di linguaggi utilizzati in un sistema rende quindi più complessa e costosa la creazione di impianti di domotica/Building Automation, soprattutto quando si utilizzano dispositivi plurimarca.
Per questo il concetto di interoperabilità è fondamentale nella scelta dei dispositivi, poiché consente al progettista, soprattutto quando è chiamato ad intervenire su impianti già esistenti, di operare più agevolmente sul sistema per migliorarlo. Gestire diversi sistemi e dispositivi al di là delle differenze tecnologiche è la vera sfida: utilizzare un gateway che sia intermediario tra due o più sistemi risulta essere la soluzione più efficace e scalabile.
In tal senso, la nuova tendenza, che ottimizza sia l’interoperabilità tipica dei gateway in generale, sia la flessibilità (definibile come la “somma” fra modularità=possibilità di introdurre nuove funzioni su quelle precedenti , e “Scalabilità”= possibilità di aggiungere più punti di misura/attuazione della stessa natura di quelli esistenti), è quella di utilizzare degli “edge computers” come gateways: infatti, in tal caso ai vantaggi dei gateways si aggiunge la possibilità, grazie alla presenza del sistema operativo aperto (tipicamente Linux embedded), di aggiornare da remoto (nuove funzioni, nuovi protocolli) e di consentire a terzi (in ambito professional, tipicamente i system integrators, in ambito “do-it-yourself”, direttamente l’utente stesso) di eseguire la manutenzione evolutiva dei sistemi.
Suggeriamo l’articolo seguente per maggiori approfondimenti.
https://www.ingenio-web.it/34743-smart-building-protocolli-di-comunicazione-aperti-e-chiusi-e-interoperabilita
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Il Forum della Piccola Industria di Confindustria, nella splendida cornice di Palazzo Vecchio — cuore di una fervente storia imprenditoriale rinascimentale quale quella fiorentina — è stato stimolante per focalizzare le priorità dell’impresa italiana, e delle PMI in particolare. Il presidente della Piccola Industria nazionale, Giovanni Baroni, ha offerto una disamina completa e dettagliata di tutti i temi affrontati successivamente dai vari relatori: un compendio che raccomanderei a tutti. 👉 Cybersecurity Le problematiche legate alla cybersecurity (NIS2 in primis) sono state approfondite da Giorgia Dragoni (Direttore Osservatorio Digital Identity, Politecnico di Milano), Ernesto Lanzillo (Deloitte Private Leader), e Milena Rizzi (Capo Servizio Regolazione dell’Autorità Nazionale per la Cybersicurezza). Tra i vari punti critici è emersa, ad esempio, la complessità organizzativa e gestionale che una PMI deve affrontare nel compilare i questionari di cybersecurity: ogni cliente ne predispone uno diverso, nonostante gli obiettivi siano gli stessi. Energia Sul tema dell’energia, tra i numerosi interventi, spiccano quelli di Franco Cotana (AD di RSE – Ricerca sul Sistema Energetico) e Nicola Lanzetta (Direttore Italia – Enel). È stata evidenziata l’importanza delle PMI nella filiera energetica: delle circa 3.000 imprese fornitrici di Enel, circa l’85% sono PMI, molte delle quali vengono formate direttamente dall’azienda tramite programmi di reskilling. Particolare attenzione è stata data alle applicazioni emergenti di Digital Energy. Istituzioni e territori Nei loro interventi, il sindaco di Firenze e il presidente della Regione Toscana hanno sottolineato il supporto della PA toscana al mondo produttivo (circa 350.000 PMI in Toscana) e l’apertura verso progetti per la sicurezza energetica, anche non convenzionali. I presidenti della Piccola Industria Toscana e di Confindustria Firenze hanno testimoniato la tenacia e la concretezza del fare impresa tipiche della cultura toscana. Giorgio Marsiaj ha messo in luce le opportunità per le PMI nei settori aerospazio e difesa, dove sono attesi circa 7,5 miliardi di euro di spesa aggiuntiva per armamenti rispetto agli anni passati. L’intervento di Paolo Casalino (Direttore Generale per la Politica Industriale, la Riconversione e la Crisi Industriale, l’Innovazione, le PMI e il Made in Italy - MIMIT) ha unito apertura e concretezza: da un lato, ha richiesto contributi da parte della Piccola Industria sulle politiche europee specifiche per le PMI; dall’altro, ha elencato i principali passaggi della Commissione UE: • il piano per la chimica (atteso entro fine anno), • la possibilità di esenzioni CSRD per aziende sotto i 10 dipendenti, • nuovi pacchetti per cosmetica e dispositivi medici, • riserve di quote per PMI negli appalti pubblici, • revisione delle regole IPCEI per includere anche le PMI, • differenziazione normativa tra PI e MI, da riflettere nei futuri criteri impositivi. L’intervento di Emma Marcegaglia, forte della sua esperienza in Business Europe, è stato illuminante: • L’Italia è l’unico Paese in cui il 50% dell’export è generato dalle PMI. • Il Partenariato Atlantico vacilla: non si può escludere che venga meno. • I dazi USA sono una minaccia grave, visto che il 50% del PIL europeo dipende dall’export. • È necessaria una difesa europea unica, anche per ragioni economiche (le inefficienze dovute all’uso di armamenti diversi in ogni paese UE causano sprechi ingenti). • Il divario con gli USA sul digitale è enorme e non colmabile nel breve: serve una strategia alternativa. • Potremmo dover affrontare uno scenario in cui il dollaro non sarà più la valuta rifugio. • La riduzione del costo energetico in Italia è urgente: il differenziale con Spagna, Germania e Francia è troppo ampio. • Eliminare il Green Deal europeo sarebbe un errore: va semplificato, non smantellato. • Serve un mercato dei capitali unico in Europa per competere con USA e Cina. • Il sovranismo economico rischia di distruggere il mercato unico europeo, che invece è essenziale per la competitività globale. Proposte emerse • Un nuovo equilibrio tra apertura dei mercati e sicurezza nazionale, con una base comune per armamenti. • Incentivare la produzione in Europa, ad esempio riaprendo miniere strategiche. • Proteggere il sistema industriale europeo da acquisizioni estere non controllate. • Industria 5.0: va mantenuto il concept, ma le procedure vanno semplificate. Il presidente Emanuele Orsini ha chiuso il forum sottolineando l’unità del sistema confindustriale nel sostenere le politiche industriali, sia sul fronte delle PMI sia su quello macroeconomico e geopolitico.
Clean Industrial Deal: “buy European”, "Banca per la Decarbonizzazione" e "Nuove Garanzie Finanziarie"
Fatte salve le premesse enunciate nell'articolo presente sul , ovvero la necessità di un piano che supporti le aziende energivore da una parte, e lo sviluppo di tecnologie pulite, con focus anche sull'Economia Circolare, dall'altra, le reali novità di questo nuovo piano (che, in qualche modo, traccia un primo superamento dei limiti dell' "EU Green Deal" ) consistono in questi tre punti: 1) semplificare le norme sugli Aiuti di Stato , rendendo più facile per i singoli stati EU concedere soldi pubblici alle aziende attive nell’energia rinnovabile e nel clean tech, consentendo "criteri di preferenza europea nelle norme sugli appalti pubblici per settori strategici“ (clausola “buy European” ), introduzione di requisiti e criteri qualitativi che diano un vantaggio concreto, per i produttori di prodotti rilevanti per la transizione energetica , se dimostrano di aver investito per decarbonizzare. 2) Istituzione della Banca per la decarbonizzazione industriale , con dotazione 100 miliardi di euro per finanziamenti rivolti alla decarbonizzazione dei principali processi industriali in vari settori (basati in parte su re-indirizzamento di risorse già presenti nell'Innovation Fund e in parte su entrate aggiuntive dall’Emission Trading System e dalla rimodulazione del piano InvestEU) 3) Modifiche alle regole del fondo InvestEU per aumentarne la capacità di assumersi rischi, determinando un aumento di 50 miliardi di euro di finanziamenti fra pubblici e privati su Clean Tech, Clean Mobility e Riduzione dei Rifiuti Significativo anche citare l'adozione, avvenuta sempre in data 26 febbraio, dell’ Action Plan for Affordable Energy , che promuove contratti di acquisto a lungo termine anche transnazionali con la controgaranzia della BEI ed include la esplicita raccomandazione ai paesi membri per una immediata riduzione delle tasse sull'energia elettrica in attesa della conclusione dei negoziati sulla Energy Taxation Directive , nonchè sulla la riduzione dei tempi di autorizzazione per progetti di produzione energetica da rinnovabili e accumulo di energia. Queste e successive azioni, di fatto necessarie nel nuovo scenario geo-politico e macro-economico mondiale, sono strettamente collegate alle raccomandazioni contenute nel "Piano Draghi" . Lo spirito complessivo che anima questo primo step del nuovo corso delle politiche UE è quello di non puntare alla #decarbonizzazione, "subito ed a tutti i costi" , ma solo se compatibile con la competitività dell’economia europea: in tal senso, sono stati preannunciati un Action Plan per l'Industria Automobilistica (a marzo) ed un Action Plan per acciaio e Metalli in primavera (in seguito anche per l'Industria Chimica e per l'Industria Clean Tech). La strada è quella giusta? Sufficiente? Sul fronte competitività vorremmo più spinta alle tecnologie della #DIgitalEnergy, in quanto sono #disruptive e possono agire sui modelli di business creando un mercato e sistema energetico europeo difficilmente aggredibile dai competitor extra-europei (se coordinato con azioni per creare una autonomia tecnologia su #AI e #CloudCOmputing )
Il Booklet Digital Energy di Tera: prezioso aggiornamento
L'emergente filone della "Digital Energy" sta avendo ed avrà sempre più un impatto dirompente sulla rete elettrica, in termini di evoluzione verso efficienza e, più in generale, sostenibilità, a livello nazionale ed internazionale, insieme con la sempre maggiore diffusione delle sorgenti di energia rinnovabile di piccola taglia (incluso storage/BESS a batterie ed altre tecnologie) e con la progressiva elettrificazione dei consumi. A supporto della platea di soggetti (partner, clienti, fornitori) che seguono la nostra azienda, nonchè di tutti i cittadini, Tera è felice di annunciare il rilascio della versione aggiornata del suo Booklet Digital Energy, che tanto successo aveva già riscosso nel 2021 quando, pensando alle applicazioni più che alle tecnologie in se, allo smart metering si unì per la prima volta la prospettiva delle Comunità Energetiche e delle UVAM. La recente evoluzione legislativo-normativa ha introdotto alcune novità, rafforzando il concetto di CER verso quello di CACER, ha modificato gli incentivi ed offerto un quadro regolatorio che, per quanto sicuramente migliorabile, è quantomeno oggi chiaro. Da non trascurare anche l'evoluzione dei "Servizi di Flessibilità Locale" che si aggiungono alle UVAM nel determinare possibilità di mercato per le Virtual Power Plant. Vi auguriamo una preziosa e proficua lettura.